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Riscrivere se stessi: l'éloge de la créolité (di Ilaria Vitali)

Titolo: Eloge de la Créolité
Autori: Jean Bernabé, Patrick Chamoiseau, Raphaël Confiant
Edizione: édition bilingue français/anglais, Paris, Gallimard, 1993
Genere: manifesto letterario/saggio

Stanchi di essere percepiti solo attraverso lo sguardo dell'altro, esotizzati dalla letteratura francese, fagocitati da un universo e una cultura "altre", gli Antillani rivendicano per sé stessi lo spazio di una letteratura originale e autentica e di un'identità propria, che non passi più attraverso il filtro du regard d'autrui.

"Ni Européens, ni Africains, ni Asiatiques, nous nous proclamons Créoles."
È questo il perentorio incipit del celebre saggio-manifesto del 1988 che ha dato inizio alla cosiddetta " créolité", movimento che proclama l'esaltazione "dell'essere creolo", come specificità propria delle Antille, in contrapposizione da un lato alla tout-puissante cultura francese, dall'altro alle origini africane rivendicate dalla Négritude.

Stanchi della dipendenza culturale, politica ed economica, i tre noti autori reclamano per le Antille l'accettazione di sé e dell'originalità della propria cultura, frutto del singolare incontro di razze e popoli diversi in un unico spazio geografico.
Una particolarità culturale che supera lo stadio della Négritude di Aimé Césaire, esaltazione delle origini africane delle Antille, che ha sì favorito una più giusta presa di coscienza della società creola, ma che costituisce tuttavia solo il primo passo verso la Créolité.
Allo stesso modo, i tre autori si propongono di superare l'antillanité, altro importante movimento che ha segnato la storia antillana, ponendo l'accento non tanto sulle origini africane del popolo caraibico, ma sulla particolarità specifica delle Antille, ovvero il suo métissage culturale.

La créolité, nelle parole dei tre autori, vuole superare tuttavia l'antillanité nella presa di coscienza e nella volontà di riscrivere se stessi e la propria storia come "agrégat interactionnel ou transactionnel", in cui si fondono, allo stesso tempo, elementi culturali caraibici, europei, africani e asiatici.

I principi specifici e i temi fondatori della créolité si definiscono dunque come l'attaccamento alla tradizione orale (enracinement dans l'oral), la riscrittura della memoria storica (mise à jour de la mémoire vraie), la riflessione esistenziale (la thématique de l'existence), la partecipazione agli eventi del mondo contemporaneo (irruption dans la modernité) e naturalmente, la riabilitazione della lingua "creola" in contrapposizione a quella francese.

Dal punto di vista linguistico, lo stesso saggio mette in atto le innovazioni linguistiche che "predica": vi appaiono infatti parole squisitamente creole (ex. "mitan" invece di "milieu").
La créolité vuole essere prima di tutto l'annullamento (annihilation) del falso universalismo, del monolinguismo e della purezza, che gli autori riassumono nell'immagine della mangrovia, pianta dalle radici tentacolari, per sottolineare come il principio identitario fondatore delle Antille sia quello della "complessità".

Naturalmente, anche questo tentativo di riscrivere la storia delle Antille dall'interno non è privo di difetti. La créolité si pone infatti innanzitutto come un tentativo di dogmatizzare il movimento che la precede, l'Antillanité, sistematizzando la possibilità, già prevista, di utilizzare la parola creola all'interno di testi di narrativa scritti in francese, che da semplice "possibilità" diviene ora "obbligo".

Anche i temi previsti dalla créolité, divengono temi obbligati, che tracciano già per lo scrittore il cammino da seguire.
Paradossalmente, il movimento si vorrebbe "spécificité ouverte", tuttavia, come ogni manifesto, anche l'éloge de la créolité si basa sui principi di un'ideologia, e in quanto tale, esso non tarda a rivelare il suo carattere "totalitario", correndo il rischio di creare regole fisse e rigide al pari di quelle che si propone di combattere.

Le critiche vengono da altri autori antillani: ecco perché al concetto di créolité, Edouard Glissant, considerato suo malgrado il fautore dell'antillanité, opporrà un altro concetto, più dinamico, quello di créolisation.

Nonostante le critiche, il valore del manifesto di Bernabé, Confiant e Chamoiseau appare tuttavia innegabile, poiché rivendica il principio della preservazione e l'elogio della coesistenza di culture multiple all'interno di uno stesso sistema, basato appunto sulla diversità culturale che i tre autori definiscono, non senza una certa innovazione linguistica, "la diversalità".


Ilaria Vitali

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