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Bilinguismo e identità. Volkswagen blues di Jacques Poulin (di Ilaria Vitali)

Titolo: Volkswagen blues
Autore: Jacques Poulin
Edizione: Paris, Babel, 1984
Genere: romanzo

Autore quebecchese tra i più apprezzati, Jaques Poulin mette in scena un viaggio che incomincia dalla Gaspésie per percorrere un coast to coast che termina a San Francisco. Volkswagen blues prende lo spunto dai grandi romanzi on the road coniugando il tema del viaggio con alcuni dei temi tipici del Canada francofono: la costante ricerca identitaria, il bilinguismo, la cosiddetta "schizofrenia" linguistica.

La trama racconta, in breve, il viaggio di due insoliti personaggi, uno scrittore in crisi e un'indiana dalle origini problematiche, alla ricerca del fratello scomparso del protagonista, partito senza dare spiegazioni.
Il viaggio geografico, che ripercorre le strade storiche che hanno segnato l'immaginario nord-americano, diviene ben presto viaggio "mitico" e rappresenta in realtà solo lo spunto e il punto di partenza per un dialogo interculturale e una ricerca identitaria profonda, che travalica i confini del Canada francofono per assumere i contorni di una quête universale.
I protagonisti si spostano dalla strada percorsa dagli scopritori del Québec, alla pista dei cercatori dl'oro dell'Oregon fino a raggiungere, come gli autentici pionieri, la celebre San Francisco. I due protagonisti si trovano così a dover affrontare antichi miti per confrontarli e rileggerli in chiave moderna.

Elemento caratterizzante del romanzo, come di gran parte della letteratura quebecchese, è il rapporto di amore e odio per il vicino universo statunitense, che sfocia nella ricerca di un'apertura e nel successivo senso di rifiuto. Il tema del bilinguismo, così come quello della traduzione, costituiscono elementi topici della letteratura qusebecchese, che si vede costretta a lottare continuamente con la super potenza economica (e linguistica) del vicino universo anglo-americano, per garantire la propria sopravvivenza.

A livello stilistico colpiscono i riferimenti intertestuali, l'uso dell'ironia e l'accostamento di materiali eterogenei, (fumetti, leggende, canzoni, film), così come l'utilizzo di una lingua che riproduce il parlato, essendo il romanzo costituito per la maggior parte da dialoghi (in cui i due protagonisti, nonostante il livello d'intimità raggiunto, continuano a darsi del "lei").
Il linguaggio è essenziale, privo di orpelli e abbellimenti retorici, mentre lo stile celebra la musicalità nostalgica del genere blues, evocato nel titolo.

Tuttavia, l'elemento caratterizzante e di maggior interesse è probabilmente costituito dalla riproduzione dell'universo bilingue che definisce la realtà del Canada francofono.
La complessa tematica del bilinguismo è protagonista in altri romanzi di Poulin, basti pensare a Les grandes marées (1978) in cui il personaggio principale è proprio un traduttore di fumetti americani, che si vede portare via il lavoro dalle macchine. In un'atmosfera surreale, sospesa tra sogno e realtà - che ricorda per certi versi Réjean Ducharme, enfant terribile della letteratura quebecchese - il traduttore in crisi esistenziale verrà sbattuto alla deriva per finire su un'isola deserta, in un finale che rimane aperto, così come quello di Volkswagen blues.

Nei romanzi di Poulin il tema dell'intellettuale quebecchese, continuamente confrontato alla problematica del bilinguismo, diviene satira corrosiva della perenne insoddisfazione linguistica e del "senso d'inferiorità culturale", elementi caratterizzanti il Québec, che, attraverso il continuo confronto con "l'altro", si configura così come universo composito, multiforme, e tuttavia instabile, che sembra condannato alla continua ricerca della propria identità, della propria specificità, in opposizione all'"altro Canada".
Anche nel finale del romanzo, la tensione non è del tutto risolta, tuttavia, l'elemento importante finisce per essere costituito dal viaggio stesso e non dalla meta raggiunta, poiché è proprio durante il viaggio, percorso iniziatico, che nuovi valori identitari sono stati affermati.

Il risultato è un romanzo che si legge come un racconto di viaggio, che si "ascolta" come un autentico blues, che si vuole apertura verso l'esterno e che rimane, allo stesso tempo, inscindibilmente legato alla particolare realtà che lo ha generato.

Ilaria Vitali

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