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"Milarepa", il nuovo libro di Eric-Emmanuel Schmitt (di Caterina Falomo)

È uscito da pochi giorni in Italia, per le edizioni e/o, un nuovo libro dell'autore francese Eric-Emmanuel Schmitt, dal titolo "Milarepa".
Schmitt è sicuramente uno scrittore che sa cogliere dell'animo umano ogni dettaglio, ogni piccola sfumatura e sa raccontare in maniera facile e suggestiva storie intrise di umanità e di verità.

L'io narrante del libro è Simon, un uomo assillato da sogni nefasti e orribili, il quale, secondo una donna misteriosa che Simon incontra in un bar parigino, da secoli percorre le montagne dei sogni per purgare la sua anima.
"Ma ci riuscirai - gli dice la donna - solo raccontando la storia dell'uomo contro cui hai combattuto, la storia di Milarepa, il più grande degli eremiti. Solo dopo averla raccontata centomila volte ti potrai sciogliere dal samsara, il cerchio senza fine delle morti e delle rinascite".
Inizia così la storia del mago, poeta e santo dell'undicesimo secolo, Milarepa appunto, e Schmitt non perde l'occasione per raccontare i suoi insegnamenti:

"Avevo compreso che il bene richiede più volontà del male. Avevo compreso anche che il mio corpo è un battello fragile: se lo carico di delitti, affonda; se lo alleggerisco praticando il distacco, la generosità, l'oblio di me stesso, mi conduce in porto. Infine avevo compreso che prima non ero un uomo, ma solo un bipede poco peloso e dotato di linguaggio articolato".

"Meditare sul ridicolo della condizione umana, riconoscere la nostra profonda miseria, riderne e intenerirsi. La pietà abolisce la differenza tra sé e gli altri; la pietà rende generosi. E il generoso mi ritroverà. E colui che mi avrà ritrovato sarà Buddha".

"Credo di aver dimenticato tutto. Isolandomi nelle grotte appollaiate tra le rocce, ho dimenticato il mondo grossolano dei sensi, l'opinione, l'opinione dei miei fratelli e vicini. Perdendo il mio sapere, ho dimenticato le illusioni dell'ignoranza. Cantando solo canti d'amore, ho dimenticato le polemiche. Esercitandomi alla dolcezza, ho dimenticato la differenza tra me e gli altri".

"Ciò che fa piangere è il pensiero che tutte le creature possono essere Buddha, ma non lo sanno e muoiono nel dolore, senza ideale."

Ed è appunto con la morte di Milarepa ("…giunto all'età di ottantaquattro anni, nel quattordicesimo giorno dell'ultimo mese d'inverno dell'anno della Lepre di Bosco, sotto l'ottava costellazione lunare, al sorgere del sole, nell'anno 1115 della nostra era, il maestro Mila Trofeo di Diamante, Vajra Ridente, mostrò i segni della morte.") che si conclude questo racconto enigmatico, filosofico e, come ogni opera di Schmitt, specchio delle passioni e delle complesse vicende dell'animo umano.

Caterina Falomo

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