È uscito da pochi giorni in Italia, per le edizioni e/o,
un nuovo libro dell'autore francese Eric-Emmanuel Schmitt,
dal titolo "Milarepa".
Schmitt è sicuramente uno scrittore che sa cogliere dell'animo
umano ogni dettaglio, ogni piccola sfumatura e sa raccontare in
maniera facile e suggestiva storie intrise di umanità
e di verità.
L'io narrante del libro è Simon, un uomo assillato da
sogni nefasti e orribili, il quale, secondo una donna misteriosa
che Simon incontra in un bar parigino, da secoli percorre le montagne
dei sogni per purgare la sua anima.
"Ma ci riuscirai - gli dice la donna - solo raccontando la
storia dell'uomo contro cui hai combattuto, la storia di Milarepa,
il più grande degli eremiti. Solo dopo averla raccontata
centomila volte ti potrai sciogliere dal samsara, il cerchio senza
fine delle morti e delle rinascite".
Inizia così la storia del mago, poeta e santo dell'undicesimo
secolo, Milarepa appunto, e Schmitt non perde l'occasione
per raccontare i suoi insegnamenti:
"Avevo compreso che il bene richiede più volontà
del male. Avevo compreso anche che il mio corpo è un battello
fragile: se lo carico di delitti, affonda; se lo alleggerisco praticando
il distacco, la generosità, l'oblio di me stesso, mi conduce
in porto. Infine avevo compreso che prima non ero un uomo, ma solo
un bipede poco peloso e dotato di linguaggio articolato".
"Meditare sul ridicolo della condizione umana, riconoscere
la nostra profonda miseria, riderne e intenerirsi. La pietà
abolisce la differenza tra sé e gli altri; la pietà
rende generosi. E il generoso mi ritroverà. E colui che mi
avrà ritrovato sarà Buddha".
"Credo di aver dimenticato tutto. Isolandomi nelle grotte
appollaiate tra le rocce, ho dimenticato il mondo grossolano dei
sensi, l'opinione, l'opinione dei miei fratelli e vicini. Perdendo
il mio sapere, ho dimenticato le illusioni dell'ignoranza. Cantando
solo canti d'amore, ho dimenticato le polemiche. Esercitandomi alla
dolcezza, ho dimenticato la differenza tra me e gli altri".
"Ciò che fa piangere è il pensiero che tutte
le creature possono essere Buddha, ma non lo sanno e muoiono nel
dolore, senza ideale."
Ed è appunto con la morte di Milarepa ("
giunto
all'età di ottantaquattro anni, nel quattordicesimo giorno
dell'ultimo mese d'inverno dell'anno della Lepre di Bosco, sotto
l'ottava costellazione lunare, al sorgere del sole, nell'anno 1115
della nostra era, il maestro Mila Trofeo di Diamante, Vajra Ridente,
mostrò i segni della morte.") che si conclude questo
racconto enigmatico, filosofico e, come ogni opera
di Schmitt, specchio delle passioni e delle complesse vicende
dell'animo umano.
Caterina Falomo
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