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Eric-Emmanuel Schmitt a Roma per presentare il suo ultimo libro (di Caterina Falomo)

Tre appuntamenti ufficiali in due giorni.
Così uno degli scrittori più amati in Francia ha incontrato i suoi lettori a Roma: presso una libreria Feltrinelli, successivamente in una sala del Campidoglio e la sera stessa direttamente in teatro, applaudito dopo la messa in scena di uno dei suoi pezzi teatrali di maggior successo, "Piccoli crimini coniugali".

Scrittore di prosa e di teatro Schmitt ha presentato "La parte dell'altro" un romanzo che si presenta in maniera molto diversa dagli scritti precedenti. L'autore infatti vuole addentrarsi in un tema che prima non aveva voluto o saputo raccontare: il tema del male. E lo fa seguendo le vite parallele dell'Hitler vero e di un Hitler fittizio e "buono".
Quale sarebbe stato il corso della storia se l'8 ottobre del 1918 Adolf Hitler fosse stato ammesso all'Accademia di Belle Arti?

L'appuntamento più interessante è stato quello in Campidoglio dove l'autore ha intavolato un vivace dialogo con una interlocutrice discreta, la giornalista e attrice Cathrin Spaak. Schmitt ad esempio ha spiegato quando è nato il suo interesse per le religioni essendo da sempre stato ateo.
"Mi trovavo nel deserto" ha spiegato "e mi sono perso e sono rimasto da solo per 48 ore… Eppure proprio allora ho avuto fiducia". Ed è proprio da quell'esperienza intensa e mistica - era il 1989 - che l'autore ha iniziato il suo percorso da studioso alla scoperta della storia delle religioni. Da qui sono nati testi come "Il vangelo secondo Pilato", sul cristianesimo, "Ibrahim e i fiori del Corano" sull'ebraismo, "Milarepa", sul buddismo.

Non è possbile poi non sottolineare di Schmitt la sua capacità di andare a fondo nella psicologia umana.
E quando gli viene chiesto - in riferimento anche al pezzo teatrale "Piccoli crimini coniugali" - che cosa significhi per lui l'amore e cosa sia quella nuova identità chiamata "coppia", non può che sorridere prima di tornare serio e spiegare che "amare vuol dire preferire, non conoscere": la coppia è comunque una situazione non confortevole, pensata in questo senso, ma può funzionare e vivere solo se rimane un certo mistero. Pretendere di conoscere l'altro e la coppia porta ad uccidere l'amore.

Ma tutta la scrittura di Schmitt in fondo non è che una continua ricerca. Le verità imposte non gli interessano. Ciò che ha senso è questo continuo dialogo filosofico - tra marito e moglie, tra adulto e bambino, tra l'uomo e il divino - che porta alla conoscenza, mai assoluta, ma necessaria.

"Pensavo che scrivendo si sarebbe potuto correggere la vita" conclude Schmitt. Poi si ferma qualche secondo e continua "non sono più d'accordo con questa affermazione, è un'ingenuità. La scrittura è fatta per accettare la vita e la sua realtà".

Caterina Falomo

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