Tre appuntamenti ufficiali in due giorni.
Così uno degli scrittori più amati in Francia ha incontrato
i suoi lettori a Roma: presso una libreria Feltrinelli, successivamente
in una sala del Campidoglio e la sera stessa direttamente in teatro,
applaudito dopo la messa in scena di uno dei suoi pezzi teatrali
di maggior successo, "Piccoli crimini coniugali".
Scrittore di prosa e di teatro Schmitt ha presentato
"La parte dell'altro" un romanzo che si presenta in maniera
molto diversa dagli scritti precedenti. L'autore infatti vuole addentrarsi
in un tema che prima non aveva voluto o saputo raccontare: il
tema del male. E lo fa seguendo le vite parallele dell'Hitler
vero e di un Hitler fittizio e "buono".
Quale sarebbe stato il corso della storia se l'8 ottobre del 1918
Adolf Hitler fosse stato ammesso all'Accademia di Belle Arti?
L'appuntamento più interessante è stato quello in
Campidoglio dove l'autore ha intavolato un vivace dialogo con una
interlocutrice discreta, la giornalista e attrice Cathrin Spaak.
Schmitt ad esempio ha spiegato quando è nato il suo interesse
per le religioni essendo da sempre stato ateo.
"Mi trovavo nel deserto" ha spiegato "e mi sono perso
e sono rimasto da solo per 48 ore
Eppure proprio allora ho
avuto fiducia". Ed è proprio da quell'esperienza intensa
e mistica - era il 1989 - che l'autore ha iniziato il suo percorso
da studioso alla scoperta della storia delle religioni. Da qui sono
nati testi come "Il vangelo secondo Pilato", sul cristianesimo,
"Ibrahim e i fiori del Corano" sull'ebraismo, "Milarepa",
sul buddismo.
Non è possbile poi non sottolineare di Schmitt la sua capacità
di andare a fondo nella psicologia umana.
E quando gli viene chiesto - in riferimento anche al pezzo teatrale
"Piccoli crimini coniugali" - che cosa significhi per
lui l'amore e cosa sia quella nuova identità chiamata
"coppia", non può che sorridere prima di tornare
serio e spiegare che "amare vuol dire preferire, non conoscere":
la coppia è comunque una situazione non confortevole, pensata
in questo senso, ma può funzionare e vivere solo se rimane
un certo mistero. Pretendere di conoscere l'altro e la coppia porta
ad uccidere l'amore.
Ma tutta la scrittura di Schmitt in fondo non è che una
continua ricerca. Le verità imposte non gli interessano.
Ciò che ha senso è questo continuo dialogo filosofico
- tra marito e moglie, tra adulto e bambino, tra l'uomo e il divino
- che porta alla conoscenza, mai assoluta, ma necessaria.
"Pensavo che scrivendo si sarebbe potuto correggere la vita"
conclude Schmitt. Poi si ferma qualche secondo e continua "non
sono più d'accordo con questa affermazione, è un'ingenuità.
La scrittura è fatta per accettare la vita e la sua realtà".
Caterina Falomo
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