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"L'homme du train" di Patrice Leconte

Regia di Patrice Leconte
Con Jean Rochefort, Jhonny Hallyday, Jean-François Stevenin, Isabelle Petit-Jaques

 

 

 

 

Siamo in una silenziosa e sonnolenta cittadina del Sud della Francia, a cui Leconte fa perdere ogni connotazione spazio-geografica.
Milan (Johnny Hallyday), personaggio molto noir, giunge a sera nella stazione ed entrato in farmacia per trovare un'aspirina, incontra il bizzarro e abitudinario professore in pensione Manesquier (Jean Rochefort), che lo invita a casa sua, offrendogli ospitalità per la notte.
Milan è un ex stuntman in miseria che progetta di rapinare una banca locale di lì a tre giorni. Lo stesso giorno sarà decisivo per Manesquier, che subirà una delicatissima operazione al cuore.

L'incontro sembra progettato dal destino per consentire ad entrambi di fare un bilancio degli anni vissuti, di vivere tre giorni in cui sognare una vita diversa.
Questa la semplice trama de 'L'homme du train', pellicola presentata quest’estate al 59° Festival di Venezia.

Tutto ruota intorno ai due personaggi, ciascuno con la sua ombra di rimpianto e fallimento, due personaggi infelici e troppo in ritardo per ogni possibile svolta di vita, perseguitati dal pensiero di vivere la vita che non hanno avuto.

E chi di noi non è mai stato colpito, anche fugacemente, da questo stesso pensiero? Chi di noi non ha avvertito, almeno una volta, la possibilità di un’esistenza radicalmente diversa, insieme all’ebrezza e ai brividi che ci dà anche solo immaginarla?
Ecco allora che l'avventuriero calza le pantofole del professore e il professore si tagli i capelli a spazzola per assomigliare ad un ex-galeotto.
Meglio la trasgressione o l'adesione alle norme sociali?
Essere autentici spesso costringe a pagare un prezzo molto alto.

La storia che Leconte racconta così garbatamente ed elegantemente, si gioca sugli opposti, sulle contrapposizioni di questi due personaggi così diversi e così uguali: i silenzi di Milan opposti alla logorrea di Manesquier; i diversi colori della fotografia usati per le inquadrature dei due personaggi; la musica di Schubert che accompagna Manesquier, la chitarra di Ry Cooder che fa da sfondo alle mosse di Milan.

L'epilogo è ben spiegato dalle parole dello stesso Leconte : "l’obiettivo è quello di non far scomparire i personaggi una volta utilizzati, è troppo facile sbarazzarcene per chiudere la storia. Oggi penso che la vita è troppo breve per far morire i personaggi nei film. Abbiamo trovato un’acrobazia circense, strana ma positiva per cambiare le cose ed evitare una fine tragica; non sono pronto a rifare fini tragiche".

Da vedere per rendersi conto di persona ed apprezzare anche la messa in scena ‘sperimentale’ (digitale riversato), che rende ancora più evidente come l’unica cosa che conti sia l’anima piuttosto che la forma.

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