Nato nel 1973, Julien D'Abrigeon è uno dei fondatori
di Boxon, rivista letteraria che
si propone di indagare tutte le possibilità irrisolte e inesplorate
della poesia.
Insieme a Cyrille Bret e Georges
Cabut, altri componenti del collettivo, anche D'Abrigeon è
un autentico action-writer: le sue poesie sono scritte per
essere lette ad alta voce, per essere recitate, interpretate.
Si tratta di poesie, sonore così come visive, in cui
l'aspetto formale è portato all'estremo. Abbonda l'uso di
ripetizioni allitteranti e giochi di parole,
che sottolineano la volontà di D'Abrigeon di fare poesia
viva, ad alta voce.
Se non ci sono più rime in senso stretto, appaiono tuttavia
debordanti assonanze e consonanze, rime interne messe
in risalto dalla particolare stesura del testo sulla pagina. Si
pensi per esempio a L'instrument.
Un forte senso del ritmo, della sonorità specifica
di ogni parola a costituire la melodia della frase, si uniscono,
in questa poesia, a scelte stilistiche e retoriche precise, attente.
Non è un caso che D'Abrigeon adori Villons, Ronsard, i grands
rhétoriqueurs della poesia francese. Tuttavia quello
che scrive non è imitazione o sterile riproduzione, ma vuole
essere al contrario una poesia che tiene conto di tutte le diverse
innovazioni e trasformazioni operate nel corso dei secoli, senza
dimenticare il ventesimo.
Nelle parole di D'Abrigeon, scrivere come i grandi innovatori del
passato, oggi, sarebbe ridicolo. Nessuno dipinge più come
Da Vinci, nemmeno come Picasso.
Come ogni arte "azione", anche la poesia di D'Abrigeon
è inscindibile dall'atto della sua creazione, dalla rappresentazione
sonora e grafica e dalla sua performazione, che risulta il
momento centrale nell'attribuzione dei significati in un rapporto
di inter-scmabio tra autore e pubblico e viceversa.
Per la forte riflessione sulla lettura e sull'attribuzione dei
significati nel rapporto tra emittente del messaggio e destinatario,
la poesia di D'Abrigeon non è concepita per la pagina scritta
ma per la performance pubblica, volendo indagare ancora più
a fondo lo spazio magico in cui la parola proferita, sussurrata,
gridata crea un legame con chi la ascolta.
Potremmo affermare che è proprio questo il nucleo centrale
della poesia di D'Abrigeon: indagare il viaggio di andata e ritorno
che subisce il testo, tra chi lo pronuncia e compie l'atto di
lettura in senso primo, e chi lo riceve, compiendone l'interpretazione.
Ilaria Vitali
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